La terapia breve strategica è un intervento di tipo psicoterapeutico e, come tale, non prevede l’ausilio di farmaci. Qualora il paziente arrivasse in terapia con una cura farmacologica in corso, si suggerisce di proseguire con questa seguendo le indicazioni del proprio medico o psichiatra. Sarà preoccupazione del terapeuta – negli ultimi stadi della terapia e in seguito a consultazione con il medico o lo psichiatra curante – renderlo in grado, se possibile, di ridurre gradualmente l’utilizzo dei farmaci, fino ad arrivare ad una completa interruzione dell’assunzione. Questo avviene, generalmente, in tutti i casi di disturbi d’ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, ossessioni, compulsioni, agorafobia e altre fobie), disordini alimentari o depressione reattiva, che giungono in terapia con una cura farmacologica in corso. Fanno eccezione a questa regola rari casi, solitamente disturbi psicotici o depressioni di tipo endogeno, in cui il terapeuta può ritenere utile una terapia di tipo integrato e ricorrere quindi alla collaborazione di uno psichiatra. In questi casi il terapeuta, in accordo con il paziente, richiede al collega psichiatra un supporto farmacologico che permetta di ottimizzare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento psicoterapeutico.