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La Terapia Breve Strategica è un modello di intervento terapeutico innovativo: avvalendosi di una rigorosa metodologia di ricerca empirico-sperimentale, l’approccio strategico alla terapia rappresenta una vera rivoluzione rispetto alle psicoterapie tradizionali. Si occupa di “come” i sistemi umani costruiscono i problemi, e persistono nel mantenerli, e di “come” progettare e applicare strategie di intervento capaci di produrre rapidi e risolutivi cambiamenti. Piuttosto che scavare nel passato alla ricerca delle cause del problema, cerca di costruire il futuro. Si differenzia completamente da tutti gli altri approcci psicoterapici in quanto è un intervento breve e focale (al di sotto delle 20 sedute): lavora su obiettivi concreti di cambiamento, concordati con il terapeuta; non si utilizzano farmaci, solo mezzi psicologici. E’ estremamente efficace (87% di successo in media) e i risultati durano nel tempo.
È indicata, in primo luogo, per tutti i disturbi psicologici caratterizzati da una sintomatologia acuta. Il tempo è limitato a dieci sedute entro il quale la maggior parte delle problematiche viene risolto con successo. Inoltre, la terapia strategica permette l’applicazione dei principi terapeutici anche nei casi in cui non ci sono patologie vere e proprie, ma semplicemente situazioni di difficoltà. In questo caso si tratta di “Consulenza Breve Strategica”, che ha una durata da 1-3 sedute. Si consiglia un intervento di questo tipo a tutti coloro che necessitano di trovare rapide ed efficaci soluzioni a problemi che, pur non essendo fortemente limitanti, possono apparire, in un dato momento della propria vita, difficilmente superabili senza un aiuto esterno”.
I problemi e le sofferenze psicologiche possono durare da anni ma non per questo anche le terapie debbono essere altrettanto lunghe. Un “intervento strategico” permette la soluzione dei problemi in tempi brevi (entro le 10 sedute), dando un immediato sollievo, generalmente entro le prime 3-4 sedute.
La gamma dei problemi affrontati dalla terapia strategica è molto ampia e comprende i disturbi d’ansia, i disordini alimentari, la depressione, i problemi di coppia, i problemi sessuali, i problemi relazionali nei vari contesti, i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, le dipendenze da Internet.
La durata di una seduta strategica non è mai predeterminata, ma varia di volta in volta a seconda delle diverse esigenze della persona in terapia, della fase del trattamento in cui si trova e del tipo di problema presentato. La durata della seduta può quindi variare ampiamente da un’ora o più (nei primi incontri) fino a venti minuti (generalmente nelle fasi avanzate del trattamento), a seconda della valutazione del terapeuta riguardo all’avvenuto raggiungimento degli obiettivi di ciascun incontro. Anche per quanto riguarda la durata della seduta, dunque, l’unica linea guida fondamentale seguita dal terapeuta appare essere l’estrema flessibilità, guidata sempre però da specifici obiettivi prefissati.
Come emerge chiaramente dai follow-up condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, la presenza di ricadute è minima e generalmente non si verificano nel tempo spostamenti del sintomo. I risultati delle ricerche effettuate su migliaia di casi che sono stati trattati con la terapia breve strategica negli ultimi 15 anni, sia dal Prof. Giorgio Nardone che dai terapeuti affiliati, hanno mostrato non solo un’elevata efficacia dell’intervento valutata alla fine del trattamento, ma anche e soprattutto il mantenersi di tali risultati nel tempo.
La terapia breve strategica è un intervento di tipo psicoterapeutico e, come tale, non prevede l’ausilio di farmaci. Qualora il paziente arrivasse in terapia con una cura farmacologica in corso, si suggerisce di proseguire con questa seguendo le indicazioni del proprio medico o psichiatra. Sarà preoccupazione del terapeuta – negli ultimi stadi della terapia e in seguito a consultazione con il medico o lo psichiatra curante – renderlo in grado, se possibile, di ridurre gradualmente l’utilizzo dei farmaci, fino ad arrivare ad una completa interruzione dell’assunzione. Questo avviene, generalmente, in tutti i casi di disturbi d’ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, ossessioni, compulsioni, agorafobia e altre fobie), disordini alimentari o depressione reattiva, che giungono in terapia con una cura farmacologica in corso. Fanno eccezione a questa regola rari casi, solitamente disturbi psicotici o depressioni di tipo endogeno, in cui il terapeuta può ritenere utile una terapia di tipo integrato e ricorrere quindi alla collaborazione di uno psichiatra. In questi casi il terapeuta, in accordo con il paziente, richiede al collega psichiatra un supporto farmacologico che permetta di ottimizzare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento psicoterapeutico.
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